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“Giorni sospesi” è il nuovo singolo di Adolfo Durante: conosciamolo meglio

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Quando hai deciso di dedicarti alla musica e perché? 

La decisione risale a quando, giovanissimo, dopo varie esperienze in studio come voce guida in progetti di autori e compositori, ho maturato la consapevolezza che nella vita non avrei potuto fare qualcosa di diverso; per mia natura, non fosse stata la canzone, sarebbe stato qualcosa d’altro ma sempre legato al mondo dell’arte.

Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della musica? Raccontaceli. 

Beh facevo riferimento prima al fatto che il mio approccio alla musica è nato da subito negli studi di registrazione, a 20 anni il primo disco di inediti, per poi militare in una formazione di musica rock, i Mister No, con un progetto di inediti che sarebbe dovuto uscire per una nota multinazionale. Di fatto le cose hanno preso una piega differente, per cui ad un certo punto ho deciso di intraprendere la carriera da solista. Da qui la realizzazione di album e dischi come interprete.

Qual è il tuo genere musicale? 

In realtà non ho pregiudizi di generi, forse perché sono sempre stato molto curioso di avvicinarmi a culture musicali differenti e perché quando ho maturato la consapevolezza che la mia tessitura vocale mi consentiva di esplorare mondi musicali diversi fra loro. L’ idea di realizzare produzioni che richiamassero ad atmosfere e stili lontani fra loro, è stata più forte di qualsiasi altra scelta, come quella ad esempio di vedermi interprete unicamente di uno stile. Mi annoio facilmente, l’arte, il cinema, la musica sono espressione di rinnovamento continuo: diceva una nota canzone di Fiorella Mannoia, ”Come si cambia per non morire…”. Beh mi ci rivedo moltissimo.

Quali artisti hanno influenzato la tua scelta musicale?

 I miei modelli di riferimento sono artisti che mi hanno fatto capire quanto la musica sia una cosa seria e non vada sprecata per soddisfare sé stessi, la propria autoreferenzialità, che hanno mantenuto una certa coerenza anche come modo di raccontarsi e di manifestarsi al loro pubblico: penso a Franco Battiato, Alice (Carla Bissi), Ivano Fossati, Tosca, insomma artisti impegnativi, dal grande spessore musicale e culturale.

In questo periodo sei salito su un palco?

No, la situazione pandemica non mi ha permesso di promuovere live le ultime produzioni, con una grande sofferenza, perché la dimensione live è quella che più di ogni altra cosa permette di raccontarmi e mostrarmi per quello che sono nella vita e perché le emozioni che riversi su un palco non sono minimamente paragonabili alle registrazioni in studio. Registrare dischi è bello, formativo, ma quello che un concerto riesce a trasmetterti non ha confronti con nessun’altra esperienza.

Che cosa nei pensi dei Talent Show?

Penso che siano l’unica grande vetrina per farsi notare nel giro di poco tempo, ma può anche trasformarsi in qualcosa che deluda le tue aspettative, possa farti finire nel baratro dell’anonimato dopo un periodo di relativa notorietà. Credo vadano affrontati sapendo ed avendo ben chiaro perché lo vuoi fare e cosa vuoi trarre da quella esperienza. Non è detto che un giorno non ne partecipi ad uno, ma con molta consapevolezza e senza aspettative. Va vista come un’opportunità, cercando di giocarsela al meglio.

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